Ti sorprenderebbe vedere un drago prendere forma in una foglia di tè essiccata?
Forse sì. Soprattutto se non hai letto o ascoltato molte storie di draghi nella tua infanzia. Ma in Cina e a Taiwan il drago è protagonista di tantissimi racconti e leggende e non è affatto strano che anche il nome del tè Wulong (noto da noi come Oolong) significhi “drago scuro”.
Se poi scopri che dietro a quei caratteri misteriosi si celano altri aneddoti e storie, la meraviglia è assicurata.
Wu Long. Wuu Long. Wuuu Long. Chissà se riuscirò mai a pronunciare questa parola come la mia amica Naichi. Sono solo due emissioni di voce, ma non becco mai la durata giusta: la U di Wu sale e dura di più ma non bisogna esagerare. La O di Long, invece, dura poco, ma bisogna scendere in picchiata con la voce e stopparla in velocità. Almeno credo.
Comunque, per oggi, credo di aver fatto del mio meglio. Naichi, insieme agli altri membri dell’associazione AlloAsie, ha organizzato qui a Grenoble una degustazione di questo famoso tè blu che mi ha aperto un mondo. Ho odorato vari tipi di foglie arricciate, manipolato minuscole tazzine di materiali diversi e assaggiato pasticcini a forma di fiore dagli ingredienti segreti (che poi ci sono stati rivelati!).
Per una consumatrice seriale di caffè come me, il tè era finora una terra sconosciuta: nessuna mappa gustativa interna e ancora meno olfattiva. Credo, infatti, di non aver mai sentito l’odore del tè da bambina, a parte quello del Lipton in bustina gialla da bere con il limone quando avevo mal di pancia. Che se lo dico agli amanti del tè, gli viene un colpo. Un po’ come succede a noi italiani di fronte a certi caffè acquosi e con un retrogusto di bruciato che ci capitano in viaggio.
Trovo che il bello delle amicizie con persone originarie di altre culture sia la condivisione di immagini, gusti e odori nuovi per gli uni e familiari per gli altri. E viceversa. E in questo scambio, il ricordarsi che il sentimento di familiarità è comune a tutti.
Non so se mi convertirò in una appassionata bevitrice di tè, ma posso dichiarare senza alcun dubbio che quello che ho appena assaggiato ha cambiato radicalmente l’immagine che avevo di questa bevanda. Non solo ho iniziato ad apprezzarne i profumi, ma ho scoperto sapori che non conoscevo. Uno di questi è il sapore verde, che non saprei come altro spiegare.
Come dicevo, pare che Wulong significhi “drago scuro” (Wu sta per “scuro” e Long significa “drago”) in riferimento alla particolare arricciatura che prendono le foglie di tè una volta essiccate. In realtà questa origine si è arricchita con una serie di divertenti varianti. Una di queste viene dalla provincia del Fujian, dove una leggenda narra che un giovane di nome Long, chiamato Wu Long dagli abitanti del paese per via della sua pelle scura, avesse involontariamente lasciato appassire durante la notte le foglie di tè raccolte quel giorno. Al mattino, trovando le foglie bordate di rosso (principio dell’ossidazione), le avrebbe tostate per tentare di recuperarle e conservarle. Il risultato fu prodigioso e diede inizio ad una nuova procedura di trattamento del tè, ovvero la semi-fermentazione.
Il bello è che questo giovane Long, a seconda della fonte, era un contadino, un cacciatore, un guerriero, un coltivatore di tè. Non solo. In alcune versioni si dimentica di prendersi cura delle foglie raccolte per combattere contro un predatore, in altre per cacciare un cervo, in altre ancora per scappare da un drago.
Insomma, quando Naichi a un certo punto mi ha detto che Wu Long significa anche “fare confusione” non mi ha sorpreso per niente. Ho accettato di buon grado la mancanza di univocità e ho smesso di voler capire a tutti i costi.
Andare incontro all’alterità, che sia vicina o lontana, non richiede una comprensione assoluta. Anzi, credo che abbandonare finalmente questa prospettiva spalanchi le porte dell’esperienza.
Come quella di vedere, per la prima volta, un drago in una foglia.
P.S. Se hai curiosità di viaggiare un altro po’ insieme a me, nella mia goffa scoperta del cinese mandarino, ti invito a leggere il mio articolo sulla parola Rén 人, ovvero “persona”. Lo puoi leggere qui.
A presto!
Federica
Grazie Anna per la condivisione! Un'altra cosa che mi ha sorpreso molto è l'uso di quel vassoio bucherellato con il doppio fondo per raccogliere l'acqua che potrebbe traboccare dalle tazzine nel caso se ne versi troppa. Della serie "l'errore fa parte del processo" :-)
Bellissima questa puntata, Federica! Io adoro il tè, ma prima di conoscere mio marito non conoscevo il modo cinese di berlo. Il vero intenditore è mio cognato, che possiede peraltro una bellissima collezione di tazzine e teiere cinesi di varie epoche. Noi adesso coi bambini in giro le poche belle che abbiamo le abbiamo nascoste 😅